Hotel Rwanda

Regia: Terry George; sceneggiatura: Keir Pearson, Terry George; interpreti: Don Cheadle, Sophie Okonedo, Nick Nolte, Joaquin Phoenix, Desmond Dube, David O'Hara, Cara Seymour, Fana Mokoena; produttori: Sally French, Terry George, A. Kitman Ho, Martin Katz, Hal Sadoff; musica originale: Jerry 'Wonder' Duplessis, Rupert Gregson-Williams. Andrea Guerra; fotografia: Robert Fraisse; montaggio: Naomi Geraghty; ricerca attori: Richard Pagano; scenografo: Johnn società produttrici: Kigali Releasing Limited, Industrial Development Corporation of South Africa, Inside Track Films, Lions Gate Films, Mikado Film S.r.l., Miracle Pictures; United Artists; nazionalità: Canada-Gran Bretagna-Italia-Sud Africa; anno di produzione: 2004; durata: 121 min.

URL: http://www.imdb.com/title/tt0395169/
URL: http://www.mgm.com/ua/hotelrwanda/main.html
TRAILER

La storia è vera e guarda nell’orrore, quello del genocidio commesso in Rwanda nel 1994 dalle bande utu (oltre il 90 per cento della popolazione) ai danni dell’etnia tutsi (circa il 9 per cento della popolazione). È stato un massacro, nato da un conflitto di lunga data e che ha trovato esca nell’uccisione del presidente Habyarimana (utu) il cui aereo fu abbattuto il 6 aprile 1994, mentre stava arrivando all’aeroporto di Kingali dalla capitale del Burundi dove, aveva firmato un armistizio con il RPF (Rwandan Patriotic Front), l’organizzazione militare dei ribelli tutsi. Il conflitto durò più di tre mesi e si terminò con la conquista della capitale da parte del RPF. Il bilancio fu di oltre un milione di marti, molti dei quali massacrati a colpi di machete. In questo clima d’orrore diffuso l'albergatore Paul Rusesabagina, dirigente del lussuoso albergo Mille Collines, ospitò 1260 di profughi sottraendoli a sicura morte. L'irlandese Terry George (Una scelta d'amore, 1996) dedica Hotel Rwanda a quest’eroe ordinario, capace di ascoltare la voce della ragione umana, lui utu, nel pieno di un uragano di follia collettiva. Il film è, com’era logico aspettarsi, una veemente denuncia dell’orrore razziale e dell’ignavia degli occidentali. Sarebbe ingenuo, con quest’impostazione, chiedere all’autore un discorso ragionato sulle origini del macello, le cui radici arrivano, quantomeno, sino ai primi anni sessanta, quando i colonizzatori belgi lasciano il paese. Allo stesso modo si vorrebbe sapere di più sulle molte ragioni che lo hanno innescato, non ultimi i massacri compiuti dai ribelli tutsi, sin dal 1990, (più di 40.000 morti) nelle regioni a nord del paese e sui numerosi omicidi d’uomini politici utu da loro organizzati. Si dirà: non si può chiedere ad un film di essere un saggio storico. Questo è esatto, ma non lo è meno la constatazione che la doverosa esaltazione del coraggio di un uomo e la denuncia dell’orrore rischiano d’essere meno forti di quanto dovrebbero se si sradicano dalla situazione in sono maturati. La scelta del regista è andata in questa direzione, consegnandoci un film commuovente, ma che lascia aperti molti, troppi interrogativi.

 
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