We were soldiers

Regia: Randall Wallace; soggetto dal libro “We Were Soldiers and … young” di Harold G. Moore e Joseph L. Galloway; sceneggiatura: Randall Wallace; interpreti: Mel Gibson, Madeleine Stowe, Greg Kinnear, Sam Elliott, Chris Klein, Jack Geoghegan, Barry Pepper, Keri Russell, Ryan Hurst, Jsu Garcia, Marc Blucas, Blake Heron, Josh Daugherty, Edwin Morrow, Robert Bagnell, Don Duong, Brian Tee, Mark McCracken, Vien Hong, Simbi Khali, Clark Gregg, Sloane Momsen, Bellamy Young, Dylan Walsh, Michael Tomlinson, Steven Nelson, Jon Hamm, Vincent Angell, Jim Grimshaw, Forry Smith, Matthew Lang, Desmond Harrington, Erik MacArthur, Doug C. Cook, Alan Dale, Mike White, Taylor Momsen, Devon Werkheiser, Joshua McLaurin, Keni Thomas, M. Hart, Maia Lien, John Paul Rice, Daniel Roebuck, Patrick St. Esprit, Keith Szarabajka, Kate Lombardi, Sean Bunch, Billinjer C. Tran, Joseph Tran, Danny Le Boyer, Tim Abell, Brian Carpenter, Lee Reynolds, Michael Giordani, Brendan Ford, Cliff Fleming, Jay Powell, Luke Benward, Randy Oglesby, Dan Beene, Matt Mangum, Shepard Koster, Derrell Keith Lester, Jonathan Parks Jordan, Nicholas Hosking, Joseph Hieu, Kelli Franklin, Christian Gibson, Edward Gibson, William Gibson; produttori: Eveleen Bandy, Bruce Davey, William Hoy, Jim Lemley, Danielle Lemmon, Stephen McEveety, Arne Schmidt, Randall Wallace, Steve Zapotoczny; musica originale: Nick Glennie-Smith; fotografia: Dean Semler; montaggio: William Hoy; ricarca attori: Amanda Mackey Johnson, Cathy Sandrich, scenografo: Thomas E. Sanders; direzione artistica: Daniel T. Dorrance, Kevin Kavanaugh, James F. Truesdale; allestimento set: Gary Fettis; costume: Michael T. Boyd; trucco: Garrett Immel, Kerry Mendenhall, Beth Miller, Michael Mills, Craig Reardon, suono: Lon Bender; effetti speciali: Stan Blackwell; società di produzione: Icon Entertainment International, The Wheelhouse; nazionalità USA, anno di produzione 2002; durata: 138

URL: http://us.imdb.com/Title?0277434
URL: http://www.weweresoldiers.com/
TRAILER

“We were soldiers” è tratto dal romanzo autobiografico “Eravamo soldati e... giovani” di Harold G. Moore in cui si racconta la prima battaglia campale, ingaggiata il 4 novembre 1965, dalla 7° divisione elitrasportata americana con l’esercito nodvietnamita. La trasposizione sullo schermo è opera di Randall Wallace, qui alla seconda regia dopo “La maschera di ferro” (1998), che ha alle spalle una solida carriera di produttore e sceneggiatore: Pearl Harbor (2001), Braveheart (1995) e alcune serie televisive. Se si aggiunge che questo è uno dei primi film patriottici annunciati dopo l’11 settembre 2001, si avrà un’idea abbastanza precisa di ciò che ci attende in sala. Sventolio di bandiere, frasi lapidarie, nemici indistinti e sterminati a migliaia, tanto che nel finale ci informano che gli americani hanno ammazzato quasi 1.800 viet, perdendo una quarantina di soldati. Da notare, poi, che circola sotto traccia un discorso conservatore e molto pericoloso; quello secondo cui la guerra sarebbe stata vinta se non ci fossero state le ambiguità dei politici e l’incapacità di alcuni generali. Al fatto che i vietnamiti hanno difeso la loro terra, dopo aver cacciato i francesi, non si accenna neppure. C’è, inoltre una seconda aria, anch’essa abbastanza preoccupante, che gronda falso rispetto per gli avversari nel nome di una solidarietà fra militari che, una volta archiviato il massacro, dovrebbe superare ogni barriera. Qualche cosa di molto simile allo spirito che anima quanti predicano una scissione fra le responsabilità dell’esercito tedesco e quelle delle SS naziste, quasi non si trattasse di due braccia dello stesso regime. Il film è costruito con professionalità hollywoodiana, pieno d’azione ed effetti speciali, anche se i prati californiani mal si adattato ad essere gabellati per giungla asiatica. Chi non è convinto di quanto stiamo dicendo pensi alla sequenza d’Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola in cui gli elicotteri che distruggono un villaggio di pescatori al suono della Cavalcata delle Walkirie. Anche li era di scena lo stesso reparto d’elite, ma il discorso e lo spessore culturale erano ben altri e non solo perché Mel Gibson sta a Robert Duvall come un triglia a un vero attore.

 
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