Testo: Franz Kafka (1883 - 1924); traduzione e adattamento: Fausto Malcovati;  regia: Maurizio Scaparro, scene: Emanuele Luzzati; costumi: Roberto Francia; musiche: Giancarlo Chiaramello; luci: Mario Carletti; orchestra: Alessandro Panatteri (piano), Marco Biaggioli (batteria), Simone Salza (clarinetto); interpreti: Max Malatesta, Enzo Turrin, Dario Costa, Andrea Trapani, Francesco Bottai, Lalla Esposito.
Franz Kafka scrisse "Amerika", senza finirlo, fra il 1912 e il 1914, ma fu pubblicato solo nel 1927, tre anni dopo la morte dello scrittore praghese, da Max Brod, editore e suo grande amico, che intitolò così l'originale "Il disperso". Il libro racconta le peripezie del giovane ebreo Karl Rossmann, spedito dalla famiglia nel Nuovo Continente per scontare la colpa di essere stato sedotto e aver messo incinta un'anziana cameriera. E' un'opera affascinante e complessa, che sollecita molteplici interpretazioni. Maurizio Scaparro, nel proporne una bella e affascinante versione in scena alla Tosse sino a sabato prossimo, sceglie quella dell'ingenuo e "diverso" che si confronta, restandone sempre deluso, con il mito del "sogno americano". Un calvario che costringe Karl ad ascese e precipizi. E' accolto a braccia aperte dallo zio miliardario, ma cacciato di casa pochi giorni dopo senza alcun ragionevole motivo, trova l'amore e la sicurezza diventando addetto agli ascensori di un grande albergo, ma perde il posto per i capricci di un sadico capo portiere, sfiora la tranquillità con la possibilità di mettersi al servizio di una nevrotica cantante, ma scappa inorridito dalle pretese della diva. Ogni speranza è falsa, qualsiasi possibilità di riscatto fallace. E' una lettura che coglie solo in parte la ricchezza di un testo i cui punti di forza sono più nella psicologia che non nella sociologia, ma lo spettacolo è rigoroso, la presentazione scenografica, di Lele Luzzati, funzionale e poetica, l'accompagnamento jazz di prim'ordine. Una proposta non facile, ma da accogliere.

 

 

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