Drive, come ho imparato a guidare

Testo: Paula Vogel; traduzione: Anna Parnanzini; rielaborazione drammaturgica e regia: Valter Malosti; collaborazione per i movimenti: Tommaso Massimo Rotella; scene e immagini: Giancarlo Savino; luci: Gilian McBride; costumi: Helga Williams; interpreti: Gianpiero Bianchi, Michela Cescon.

Un episodio di pedofilia mescolato all'incesto. Uno zio già adulto che possiede la nipote undicenne, mentre la tiene sulle ginocchia insegnandole a guidare. Una faccenda di sesso che diventa storia d'amore. La lascivia che cede il passo ad un affetto disperato che conduce all'autodistruzione. Paula Vogel ha scritto "Drive, come ho imparato a guidare" nel 1997 e, con questo testo, ha vinto l'importante premio Pulitzer e ottenuto moltissimi altri riconoscimenti. Valter Malosti ha rielaborato e diretto questo testo dandogli sfumature venete che, per la verità, si limitano a qualche timida inflessione dialettale. Al centro della scena due attori. Lei, Michela Cescon dal corpo di bambina robusta, alterna farsetto infantile a provocante raucedine da donna navigata. Lui, Gianpiero Bianchi, interpreta a meraviglia un ex - bello il cui fisico inizia a cedere all'assalto degli anni. Tutto è raccontato con ricordi temporalmente discontinui, continui salti all'indietro e balzi in avanti, sino alla rivelazione, pudica e straziante, della violenza. Un testo molto bello che procede per allusioni, immediatamente contraddette da lampi di carnalità, frasi poetiche spezzate da volgarità. La scena, quasi vuota tranne alcuni elementi simbolici, potrebbe rappresentare un garage o un deserto disseminato di reperti della memoria, tutti rigorosamente legati al mondo dell'automobile: latte d'olio al posto degli oggetti più disparati, bidoni per seggiole o divani, una pompa da benzina quale surrogato dell'organo sessuale. L'equiparazione automobile uguale erotismo rappresenta una trovata non banale e certamente inquietante.

 

Valutazione: 1 2 3 4 5