| Testo di
      Slamovir Mrozek (1930); versione italiana:Pietro Marchesani;  regia:
      Jerzy Stuhr; scene e costumi: Andrzej Witkowski; luci: Piero Niego; con
      Luigi Savaro, Pia Lanciotti, Benedetta Buccellato, Gianna Piaz, 
      Jerzy Stuhr, Orietta Notari, Matteo Taranto, Claudia Coli, Enzo Paci. | 
  
  
    | In una chiesa
      protestante del New England, negli Stati Uniti, arrivano
      contemporaneamente due parroci. Un errore burocratico ha assegnato la
      stessa diocesi a due sacerdoti, nessuno dei quali è disposto a rinunciare
      all'incarico. Solo il giudizio del comitato dei parrocchiani potrà
      risolvere il conflitto. La cosa appare subito non facile, visto che uno
      dei due è una donna, proveniente dell'ala femminista - religiosa della
      chiesa, l'altro un ebreo convertito e tutti sanno che i figli del
      "popolo eletto" non sono ben visti dai cristiani. Inizia così,
      con una situazione paradossale, "I reverendi" di Slamovir Mrozek
      e prosegue, per via di satirico assurdo, con la comunità dei fedeli che
      si rivela un'accolita di lussuriosi, violenti e affaristi. Il finale vede
      i due reverendi, innamorati e felici, fuggire in elicottero, grazie
      all'aiuto di una zia che ricalca il prototipo della "Jewish
      Mama" cara a Woody Allen. Jerzy Stuhr, uno dei registi e attori più
      interessanti del cinema polacco, ha diretto e interpretato per il Teatro
      di Genova una versione di
      questo testo che marcia a doppio regime. Il primo tempo sfrutta a fondo
      l'assurdità della situazione, anche se l'appesantisce con qualche
      verbosità di troppo, il secondo punta sulle risorse spettacolari della
      macchina teatrale. Molto probabilmente il regista ha colto e tentato di
      rimediare una debolezza di fondo del copione, che si avvia speditamente,
      mette in scena una situazione ricca di promesse, ma non conclude il
      discorso, lo lascia slabbrarsi in rivoli ripetitivi e ben poco brillanti.
      I materiali stampa citano Ionesco e Pinter, ma Slamovir Mrozek non ha,
      quantomeno in quest'occasione, né il gusto dell'assurdo, spinto alle
      estreme conseguenze, del primo, né la lucida ferocia del secondo. Uno
      spettacolo che parte bene, ma che si chiude con un bisbiglio. | 
      
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