Il naso

Testo: Tonino Conte da Nikolai Vasilievic Gogol; scene e costumi: Guido Fiorato; luci: Maurizio Longano; musiche da Dimitrj Sostakovic, Sergej Prokofief,  Nicolaï Andreïevitch Rimski-Korsakov e altri compositori russi; interpreti: Alberto Bergamini, Enrico Campanati Lisa Galantini, Simona Guarino, Andrea Montuschi, Franco Ravera, Vanni Valenza, Dario Manera.

URL: http://www.teatrodellatosse.it/stagione/scheda.asp?idShow=51

Nikolai Vasilievic Gogol ebbe una vita piuttosto travagliata. Nato in una città dell’Ucraina, all’epoca parte dell’impero zarista, passò gran parte della vita all’estero, fu amico di Aleksandr Puskin e sconcertò amici e critici, che lo avevano sempre considerato un progressista, con una svolta filo autocratica (Passi scelti dalla corrispondenza con gli amici, 1847) che lo portò a distruggere il manoscritto dell’ultimo suo libro, il secondo volume de Le anime morte, di cui sono giunti sino a noi solo sei capitoli. Iniziò a lavorare al racconto satirico Il naso sin dai primi anni ’30, ma ne consentì la pubblicazione solo nel 1836, nel numero 9 della rivista Il contemporaneo diretta da Aleksandr Puskin. Vi si racconta la storia di un alto funzionario zarista che si sveglia un mattino senza naso ed è convinto di essere stato vittima di un maleficio diabolico. L’indispensabile protuberanza si è semplicemente staccata dal corpo e vive autonomamente, per giunta con un grado gerarchico – militare superiore a quello del proprietario originale. Il menomato è disperato: senza quella parte del viso non fare vita sociale, allora si veste in pompa magna e percorre la città alla ricerca del fuggitivo. Alla fine tutto si risolverà nel migliore dei modi ed il naso ritornerà al suo posto. Da questo testo, denso di riferimenti all’ipocrisia che separa ciò che si è da ciò che crediamo d’essere, prese spunto Dmitri Shostakovich (1906-1975) che, nel 1929, gli dedicò un’opera teatrale. Tonino Conte ha preso spunto più da quest’ultima che dal testo originale, per uno spettacolo denso di colori e dai costumi, in carta, intelligentemente fantasiosi di Guido Fiorato. La regia non si limita a prendere spunto dal creatore di Pierino e il lupo, ma vi aggiunge le musiche di altri grandi autori russi, attivi fra la fine dell’ottocento e il novecento: Nicolaï Andreïevitch Rimski-Korsakov (1844 – 1908), Igor Stravinskij (1882 – 1971), Dmitri Shostakovich (1906 – 1975). Allo stesso modo l’autore e regista infiora il testo di citazioni e doppi sensi da teatro boulevadier. Il senso è quello di creare uno spettacolo in linea con le tendenze culturali del primo novecento, con scenografie, costumi e impostazioni che richiamano il futurismo e l’espressionismo. Una scommessa sostanzialmente vita e una proposta colta e intelligente, anche se non mancano, particolarmente nel finale, punti non del tutto chiari e un eccessivo affastellamento di citazioni e ammiccamenti che gettano un’ombra di oscurità su testo e messa in scena.

 
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