L'importanza di chiamarsi Ernesto

Testo: Oscar Wilde (1854 - 1900); traduzione: Masolino D'Amico; regia: Mario Missiroli; scene: Lorenzo Ghiglia; costumi: Elena Mannini; musiche: Matteo D'Amico, Guido Ruggeri; luci: Luigi Ascione; interpreti: Geppy Gleiyeses, Debora Caprioglio, Lucia Poli, Margherita Fumero, Giancarlo Palermo, Andrea Cavatorta, Viviana Lombardo, Antonio Ferrante.

L'importanza di chiamarsi Ernesto "L'importanza di chiamarsi Ernesto" segnala, sin dal titolo, la volontà d'Oscar Wilde di giocare con le parole per sferzare il perbenismo dell'aristocrazia britannica di fine ottocento. In inglese, infatti, Ernesto si pronuncia allo stesso modo di sincero. La commedia fu rappresentata, per la prima volta, nel febbraio del 1895, poco prima che l'autore s'infilasse nella trappola del processo per diffamazione a Lord Queemsbery. Una causa che gli procurerà una condanna ai lavori forzati per omosessualità, esperienza da cui non riuscirà più a riprendersi. Lo spettacolo racconta di un paio di gentiluomini che fingono di chiamarsi Ernesto per conquistare il cuore d'altrettante fanciulle invaghite di quel nome. Mario Missiroli propone una versione di questo testo, al Teatro della Corte che, ad essere generosi, si può definire scolastica. Nessun'invenzione nel leggere il copione alla luce degli oltre cent'anni trascorsi, attori modesti, noia. Unica nota positiva la Lady Bracknell di Lucia Poli capace, da sola, illumina la scena e risveglia il pubblico dal torpore in cui è caduto. Una buona notizia che, purtroppo, ha anche l'effetto di mettere in luce la modestia del resto.

 
Valutazione: 1 2 3 4 5