L’ommetto neigro

Testo: Mario Bagnara; regia: Enrico Campanati; scene e costumi: Francesca Parodi; interpreti: Miro Gerbi, Massimo Orsetti, Aligi Culot, Moira Gerbi, Carlo Mondatori, Paola Martinucci, Antonio Poggi, Germana Veneziani.

Per molti il teatro in dialetto è sinonimo di commedia ridanciana che, al massimo, raggiunge una certa dignità con interpreti eccezionali come Govi o Marzari. In realtà da non pochi anni c’è un gruppo d’autori che tentano di uscire da questo ghetto dorato con testi che non temono di affrontare il dramma, la tragedia, il surreale. Mario Bagnara è uno di questi generosi e tenaci combattenti e l’incontro con un teatrante di pregio come Enrico Campanati, in veste di regista, ha portato ad una nuova versione del suo “Ommetto neigro”. Il proprietario di un’impresa di pompe funebri offre ad una compagnia dialettale una grossa somma per la messa in scena di una sua commedia. Voglia di denaro, superstizione, paura di un tonfo clamoroso s’intrecciano nell’animo degli attori che finiranno per accettare l’offerta, Ne scaturirà una sorta di rito di purificazione sentimentale in cui, forse, metterà mano anche il Diavolo. Lo spettacolo rivela sin dall’inizio la mano di un teatrante di classe: i tempi sono giusti, la costruzione narrativa tesa, le scenografie – fra il futurista e l’espressionista – stuzzicanti e funzionali. La prima parte risente ancora di un certo clima da commedia vernacolare, ma con il susseguirsi degli atti il testo prende corpo e copre qualche scivolata farsesca di troppo da parte degli attori.

 
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