Madre Courage

Testo di Bertolt Brecht (1898 - 1956); versione italiana: Saverio Vertone;  regia Marco Sciaccaluga; interpreti: Mariangela Melato, Arianna Comes, Gaetano Sciortino, Enzo Paci, Aleksandar Cvjetkovic, Federico Vanni, Miodrag Krivokapic, Roberto Alinghieri, Ugo Maria Morosi, Pietro Tammaro, Frédérique Loliée, Andrea Nicolini, Riccardo Bellandi, Emiliano Iovine, Flavio Parenti, Massimo Brizi, Ernesto Rossi, Rachele Ghersi, Jacopo Surico; usicisti: terina Picasso (pinaoforte e direzione musicale), Marco Biggi (percussioni), Stefano Gajon (clarinetto), Roberto Mazzola (violino), Raffaele Rebaudengo (violino e violoncello); scene: Matthias Langhoff; costumi Guido Fiorato; musiche Paul Dessau e Carlo Boccadoro; luci: Sandro Sussi.

  URL: http://www.teatro-di-genova.it/

Il Teatro di Genova ha aperto la stagione con Madre Courage, il testo scritto da Bertolt Brecht nel 1939, durante l’esilio nel Nord Europa. Marco Sciaccaluga propone una versione dell’opera densa di scelte personali. La prima riguarda l’ambientazione. Il regista mantiene ogni riferimento parlato alla guerra dei trent’anni (1618 – 1648), ma usa una scenografia – un teatro distrutto dalle bombe -, abiti e armi che mescolano il diciassettesimo secolo alla prima e seconda guerra mondiale e ai giorni nostri. E' l'idea della guerra eterna, infinita, come la chiama Giulietto Chiesa in un’interessante introduzione allo spettacolo. In questo guscio si muove la Courage di Mariangela Melato, una piccola commerciante, ex prostituta, che scorrazza con il suo carro di carabattole fra morti e rovine, tentando di lucrare qualche misero profitto dalla grande tragedia e finendone travolta, lei e i suoi figli. Una donna che conosce solo la guerra, tanto che, allo scoppio di un breve momento di pace, si sentirà smarrita, incapace di agire e muoversi senza l’aiuto di altri. La regia guida una troupe volutamente multinazionale, a rilevare ancora una volta la dimensione planetaria dell’orrore, in uno spettacolo volutamente sottotono, lontano dagli acuti epici che abbiamo conosciuto, ad esempio, nella Courage di Lina Volonghi. Si tende a porre l’accento sulla quotidiana banalità dell’orrore, con una scelta che rischia, di primo acchito, di sconcertare lo spettatore. E’ una proposta che chiede riflessioni lunghe e, in un primo momento, sconcerta, ma lascia un sedimento che cresce con il ricordo e costringe a riflessioni sempre più complesse. Non è certo una serata di teatro normale, quella che ci propongono Marco sciaccaluga e Matthias Langhoff, qui in veste di scenografo. E' un invito ad interrogarsi e a guardare oltre il periodo che fa da sfondo al racconto, come rivela la scelta di inserire, nel finale, una canzone dei Doors, la stessa usata da Francis Ford Coppola per aprire Apocalypse Now.

 
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